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CLUBHOUSE: FORSE AVETE SCARICATO LA APP SBAGLIATA!

Sì, Clubhouse è il social del momento: tutti ne parlano e i post dedicati a questa novità si rincorrono come un tam tam chiassoso non solo online.

Basta aggiornare spesso il feed di BigG per trovare ogni mezz’ora un nuovo articolo che parla di Clubhouse. 

E quindi? Ci piace molto e magari vi raccontiamo anche quello che abbiamo capito e che ci ha convinto di più.

Prima di tutto se avete Android, fatevene una ragione, perché per ora non la potete scaricare. Infatti è solo per iOS e non è dato sapere quando anche i possessori di dispositivi non Apple potranno beneficiarne.

Ma soprattutto, se avete provato a scaricarla, vi sarete senz’altro imbattuti in una app con un’icona color indaco con due bandiere. Ecco, non è quella. Quella è una app di gestione intuitiva di progetti che, per malaugurata coincidenza, si è ritrovata ad avere il nome in comune con questo nuovo social network.

La cosa buffa è che più di un “esperto” social ha provato a installare la app indaco credendo fosse l’altra, la cosa meno simpatica è che i poverini amanti del project management collaborativo si sono trovati centinaia di recensioni negative sullo store con una valanga di ignoranti funzionali che hanno abbassato la loro media di stelline.
Se volete farvi un giro potrete assistere ad uno spettacolo in tempo reale di disfunzionali che si lamentano per non essere riusciti a creare un “accaunt” (tutto vero) e i paladini della verità che cercano di sostenere i proprietari della Clubhouse Software Inc. per non affossare il buon nome e il valore della app.

Questa è vita reale e spesso nei social accadono cose imprevedibili.

Anche che un’agenzia come la nostra decida di aprire un suo canale Clubhouse: @bquadroagency per coinvolgere le persone nelle dinamiche vere di un’agenzia di comunicazione.
Abbiamo più di un’idea che comprende chiacchiere, caffè condivisi, storie di progetti e spunti di comunicazione. Restate in ascolto, intanto noi cominciamo a schiarirci la voce.


Comunque, se volete saperne di più di Clubhouse in linea generale, vi abbiamo fatto un riassuntino utile:


Clubhouse: Punti chiave 

  • La prima versione di Clubhouse, ideata da Paul Davison e Rohan Seth, è stata rilasciata ad Aprile 2020 per opera di Alpha Exploration. Al suo esordio, l’app contava solo 1500 iscritti ma aveva subito conquistato l’interesse di importanti investitori come il fondo Andreessen Horowitz, tra i primi a credere in Twitter, Facebook e Airbnb. In meno di un anno, Clubhouse è passata da una valutazione di 100 milioni all’attuale quotazione di un miliardo.

  • Nei mesi successivi l’ascesa è stata istantanea: gli utenti sono diventati circa 2 milioni, un quantitativo elevato considerando che l’app per ora disponibile solo su iOS in versione beta, escludendo così gli utenti Android.

     

  • Clubhouse permette di interagire esclusivamente a voce all’interno di stanze principalmente suddivise in temi, e la partecipazione parte da un gruppo ristretto di persone fino a qualche migliaia di utenti.

     

  • Clubhouse è strutturato in stanze, nelle quali gli utenti possono scambiarsi messaggi vocali e nella home si trovano in primo piano le stanze suggerite.

     

  • Esistono tre tipologie di stanze:
    – Open, aperte a chiunque
    – Social, riservate a utenti mutuals che si seguono fra loro
    – Closed, stanze private a cui si accede solo su invito.

     

  • In ogni stanza si possono trovare tre categorie di partecipanti:
    – Moderatori: “admin” della stanza, gestiscono la conversazione, invitano ed espellono gli utenti, danno e tolgono loro parola
    – Speakers: coloro che discutono attivamente 
    – Listeners: assistono alla discussione e possono chiedere di intervenire.

     

  • Una volta chiusa la stanza, gli interventi non vengono registrati ma scompaiono. Tutti i messaggi audio postati non possono in alcun modo uscire da Clubhouse: la piattaforma infatti ne impedisce la condivisione, il download o la registrazione.

     

  • La caratteristica distintiva di Clubhouse è la sua accessibilità: non ci si può iscrivere liberamente ma si accede solo per invito di un altro utente già presente sulla piattaforma. In caso, ci si può iscrivere, creando il proprio profilo, e attendere che un utente mandi un invito.

     

  • La piattaforma, quindi, ha le sue regole: chi accede deve farlo con il proprio nome e verificare l’identità. L’iscrizione è possibile solo dopo aver compiuto 18 anni e non sono consentiti “abusi, bullismo e molestie nei confronti di nessuna persona o gruppo”.

     

  • Subito Clubhouse è stato invaso dai nomi più rilevanti del panorama dell’influencer marketing e della comunicazione. É facile trovare un gran numero di stanze a tema “monetizzazione”o “personal branding”. Ciò è accaduto probabilmente perchè nella prima fase gli inviti sono stati estesi ad una rete composta perlopiù da professionisti del settore. Naturalmente la crescente partecipazione renderà il bacino di utenti più eterogeneo, escludendo lo sviluppo di un possibile “Linkedin 2.0”.

     

  • Infatti, nel giro di poco tempo, Clubhouse sta plasmando la sua essenza multi-tematica in cui è possibile trovare ogni tipologia di argomento: dall’arte al cinema, dalla musica alle serie tv, dalla politica alle tematiche socio-culturali.

     

  • Nella serata di domenica 31 gennaio, Elon Musk è sbarcato su Clubhouse, ospite della stanza organizzata dal venture capitalist Marc Andreessen. In pochi secondi oltre cinquemila persone sono entrati nella stanza causando un sold-out. È stato il primo vero grande evento di Clubhouse con risonanza globale.

     

  • Tratto fondamentale di Clubhouse è il suo posizionamento in contrasto con tutti gli altri social, non solo la questione del contenuto audio contrapposto a foto e video. È soprattutto una questione di diversa modalità di consumo: siamo abituati a usare Facebook e Instagram per brevissimi e ripetuti intervalli. Clubhouse è radicalmente diverso: nel momento in cui si individua una stanza, è richiesto di ascoltare, capire di che cosa si parla, magari intervenire. I ritmi sono più lenti e ricordano più l’approccio che si ha nei confronti di un podcast, che concede la possibilità di essere anche attivi.